At the end of September 2009, an experiment done at MIT on social network analysis could identify which students are gay just by considering the data available on their Facebook pages. Through analyzing their online friends and the connections between them they could infer their gender preferences with a degree of accuracy. This raises more questions about online privacy.
I wrote in Google, Privacy and the Need to be Seen that we are apt at showing ourselves online in trying to fulfill the natural human need for mirroring, to be seen and understood, which probably hasn’t been actualized in the proper way at the proper time in our lives. Also, our skills for self-recognition and inner mirroring is becoming weaker and weaker because of the growing pressure from external inputs, mostly by the Net. No time for reflection and no empty space.
Social network analysis can infer much more about us than our sexual preferences. The ordinary mind in itself, as most spiritual teachers say, is quite mechanical in its behavior. Joining this mechanistic nature of the mind with the amount of available data which most people spontaneously show on the Net is such that a well-written software could guess many of our ideas, opinions, tastes and, most important for marketers, which products we’ll be willing to buy.
Psychoanalysis, neuro-linguistic programming and any other science of the inner being knows well that our beliefs and ideas are for the most part created by the conditioning acquired during our lives, especially in childhood.
Marketers have a special aptitude for cataloging people on the basis of their personalities, attitudes, lifestyles and preferences. But they aren’t interested in understanding the roots of those attitudes or in going beyond them. More than anything else, marketers are interested in the conditionings which have been created through a compensation for an undeveloped inner quality.
For instance, we might “need” some sort of external appearance (goods, clothes, gadgets, make-up, muscles or a slim figure) to compensate for a weak sense of self-worth, or we could need to connect frequently with people online because we aren’t able to keep in touch with our inner self and for the lack of authentic real-life relationships, thus needing computers, connections, smartphones and such gizmos.
Marketers, as well as psychoanalysts or spiritual teachers, are interested in knowing us and our conditionings, but the former are interested in making them stronger, reinforcing our “needs” instead of liberating us from them.
The understanding of marketers of the human soul is quite superficial since they don’t really need to go into the depths of people’s souls to exploit their weaknesses commercially, as much as a pusher doesn’t need to know the reasons why his client needs drugs.
Alla fine di settembre 2009, un esperimento condotto al MIT sui social network è riuscito a individuare gli studenti gay usando soltanto le informazioni presenti sulle loro pagine di Facebook. Studiando le amicizie online e i collegamenti di questi studenti, è stato possibile dedurre i loro orientamenti sessuali con un buon grado di accuratezza. Questo fatto solleva ulteriori interrogativi sulla privacy in rete.
In Google, la privacy e il mettersi in mostra, ho scritto che siamo portati a mostrarci online per appagare il naturale bisogno umano a essere rispecchiati, visti e compresi, bisogno che probabilmente non ha trovato la giusta soddisfazione negli anni in cui avrebbe dovuto. Inoltre, le nostre capacità di riconoscimento interiore stanno diventando sempre più deboli, a causa della crescente pressione degli stimoli esterni, soprattutto della Rete. Non c’è tempo per alcuna riflessione e non c’è alcuno spazio vuoto.
L’analisi dei network sociali può rivelare molto di più su di noi, a parte le preferenze sessuali. In sé, la mente ordinaria, come dicono molti insegnanti spirituali, ha un comportamento decisamente meccanico. Se uniamo questa meccanicità mentale al fatto che in Rete riversiamo continuamente informazioni su di noi, diventa comprensibile come mai un qualsiasi software ben scritto possa scoprire le nostre idee, opinioni e gusti, oltre a quali prodotti siamo più portati ad acquistare, fatto questo che più interessa agli addetti al marketing.
La psicoanalisi, la programmazione neuro-linguistica e qualsiasi altra scienza dell’essere interiore sanno bene che le nostre idee e convinzioni si creano per lo più attraverso i condizionamenti acquisiti durante la vita, soprattutto nell’infanzia.
Chi si occupa di marketing predilige catalogare le persone sulla base della personalità, dell’atteggiamento, dello stile di vita e delle preferenze. Non sono però interessati a capirne le motivazioni o ad andare al di là di essi. Soprattutto, i venditori sono interessati ai condizionamenti formatisi attraverso la necessità di compensare una carenza interiore.
Per esempio, forse abbiamo “bisogno” di apparire esternamente in un certo modo (bei vestiti, gadgets, trucco, muscoli o avere una linea da modelle) per compensare una scarsa autostima, oppure abbiamo bisogno di connetterci online frequentemente con gli altri, perché non sappiamo restare in contatto con la nostra interiorità o nella nostra vita non abbiamo relazioni autentiche, quindi facciamo ricorso a computer, Internet, smartphone e altri ausili elettronici.
Gli addetti al marketing, così come gli psicologi o gli insegnanti spirituali, sono interessati a conoscere noi e il nostro condizionamento, ma i primi hanno il fine di rendere quest’ultimo più forte, non di liberarci da esso, e quindi rinforzano il nostro “bisogno”.
La comprensione dell’anima umana da parte degli addetti marketing è molto superficiale, in quanto essi non hanno bisogno di addentrarsi nelle sue profondità per sfruttare commercialmente le nostre debolezze, allo stesso modo in cui uno spacciatore non ha bisogno di conoscere le ragioni per cui il suo cliente ha bisogno di droghe.